ASIMMETRIA DEL REGNO DEI CIELI

XVI DOMENICA DEL T.O.

anno A (2023)

Sap 12,13.16-19; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43

Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».

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Siamo ancora nel discorso parabolico di Matteo. Al v.34 si annota che Gesù parlava in parabole perché si compisse un’altra profezia (Sal 78): aprirò la mia bocca in parabole e proclamerò cose nascoste negli arcani dei tempi. Naturalmente, ricordando la domanda dei discepoli di domenica scorsa e la risposta di Gesù, le cose nascoste possono rivelarsi solo se si ha un cuore aperto, pronto a riconoscere la propria piccolezza e il suo bisogno di guarigione. Diversamente, si rientra in quei “loro” a cui non è dato accedere ai misteri di Dio. Guardiamo le 3 parabole che Gesù racconta oggi, parabole che illustrano alcune qualità del suo regno. Prima di tutto, notiamo l’incipit di ogni parabola con l’espressione il regno dei cieli, un modo di dire proprio di Matteo rispondente alla preoccupazione giudaica di sostituire il Nome divino con una metafora. Al di là dell’artificio letterario, colpisce che Gesù ci parli di cose celesti con argomenti terrestri. Come dire: con Gesù oramai non dobbiamo più cercare Dio sopra di noi, ma tra di noi, qui ed ora.

Prima parabola: il problema del male. Gesù semina, ma anche il diavolo ha la sua semina. Perché il male? Che rapporto dobbiamo avere con esso? Come mai il diavolo semina mentre gli uomini dormono? Le domande possono essere tante, ma il fulcro del racconto sta nella proposta dei servi rifiutata dal padrone. Questi dispone diversamente che cosa fare della zizzania, o meglio, cosa non fare. Gli uomini propongono di mieterla, Dio invece dice di lasciarla crescere perché c’è il rischio di buttar via anche il grano. All’uomo generalmente piace darsi l’incarico di mietitore del male. Dio invece lo incarica di fare e custodire il bene e di accettare la presenza del male. Una linea divina che non è facile… accettare! Il tempo non ci è dato per mietere il male, ma per collaborare con Dio alla sua opera di salvezza, la cui principale caratteristica è quella di saper tirar fuori il bene persino dal male. Paolo direbbe: laddove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia. Dunque il discepolo stia attento più al bene da far crescere e custodire che al male da combattere, e si guardi dal volere anticipare ciò che il Signore ha riservato per sé alla fine dei tempi. Il bene non dipende da una repressione del male. Semmai è un miracolo divino che può nascere anche da un male riciclato.

Grano e zizzania

Seconda e terza parabola: se nella prima parabola si comprende che il regno di Dio non si afferma con la repressione del male, nelle parabole successive vediamo che il suo mistero è caratterizzato da un’estrema piccolezza, combinata con la potenza di una inesorabile crescita. Come dire: è inevitabile che cresca il male, il quale procede con una sua logica. Ma anche il bene, il regno di Dio, con caratteristiche diametralmente opposte, cresce e avanza verso il suo futuro. Il male verso un’autodistruzione, ovvero senza un futuro. Il bene invece verso una grandezza e una stabile fecondità, in cui la vita accoglie altra vita e si moltiplica, però senza dimenticare mai che qui in terra è lievito. Cioè il regno di Dio sulla terra avrà sempre la caratteristica di qualcosa di piccolo e insignificante rispetto alla realtà umana che viviamo. Non si presenterà mai sotto un segno trionfante sul male, equivoco in cui cade tanta chiesa di ieri e di oggi, dimenticando che il suo Re, a causa dei potenti politici e religiosi di turno, è finito confitto e sconfitto su una Croce! Come generalmente si dice, il bene non fa mai chiasso come il male, sembra sempre perdente davanti ad esso.

Quale sintesi può esprimere l’unità profonda delle 3 parabole? Gesù è il perdono di Dio che trionfa sul male in modalità molto, ma molto diversa da come vorremmo e immaginiamo. Le sue parole seminate nel cuore degli uomini, aprono una possibilità di salvezza ad ogni esperienza umana di male, per quanto grande. Gesù è il chicco di senape preso e gettato sotto terra, il più piccolo dei semi che diventerà il più grande sull’albero della Croce. Gesù è il lievito divino, preso e nascosto nella immensa pasta del mondo, che porterà tutta l’umanità a divenire pane nuovo e azzimo. Noi, la chiesa, chiamati a camminare per comprendere e rivivere la grandezza del Maestro Divino nella sua piccolezza e nell’apparente insuccesso della sua morte in Croce: una morte di maledizione che si cambia in benedizione. L’arcano del regno di Dio che nelle parabole Gesù ci racconta, ci porta a trovare sulla Croce la sua spiegazione e la chiave di comprensione. Il regno di Dio, in sé stesso, è asimmetrico: contiene un evidente contrasto tra insignificanza attuale e gloria futura, tra temporanea sconfitta e successo futuro assicurato, ma anche una continuità vitale e misteriosa, come quella che lega il seme alla pianta e il lievito alla pasta.

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ASIMETRÍA DEL REINO DE LOS CIELOS

Estamos todavía en el discurso parabólico de Mateo. Al v.34 se anota que Jesús hablaba en parábolas para que se cumpliera otra profecía (Sal 78): voy a abrir mi boca en parábolas, a evocar los misterios del pasado. Naturalmente, recordando la pregunta de los discípulos del domingo pasado y la respuesta de Jesús, las cosas ocultas solo pueden revelarse si se tiene un corazón abierto, dispuesto a reconocer la propia pequeñez y su necesidad de curación. De lo contrario, se vuelve a entrar en esos “ellos” a los que no se les permite acceder a los misterios de Dios. Miremos las 3 parábolas que Jesús cuenta hoy, parábolas que ilustran algunas cualidades de su reino. En primer lugar, notamos el comienzo de cada parábola con la expresión el reino de los cielos, un dicho propio de Mateo que responde a la preocupación judía de sustituir el Nombre divino con una metáfora. Más allá del artificio literario, llama la atención que Jesús nos hable de cosas celestiales con argumentos terrestres. Como decir: con Jesús ya no debemos buscar a Dios sobre nosotros, sino entre nosotros, aquí y ahora.

Primera parábola: el problema del mal. Jesús siembra, pero también el diablo tiene su siembra. ¿Por qué el mal? ¿Qué relación debemos tener con él? ¿Por qué el diablo siembra mientras los hombres duermen? Las preguntas pueden ser muchas, pero el núcleo del relato está en la propuesta de los siervos rechazada por el amo. Éste dispone de otra manera qué hacer de la cizaña, o mejor, qué no hacer. Los hombres proponen cosecharla, pero Dios en cambio dice que la dejemos crecer porque existe el riesgo de tirar también el trigo. Al hombre generalmente le gusta darse el cargo de segador del mal. Dios, en cambio, le encarga hacer y custodiar el bien y aceptar la presencia del mal. ¡Una línea divina que no es fácil… aceptar! El tiempo no se nos da para cosechar el mal, sino para colaborar con Dios en su obra de salvación, cuya principal característica es la de saber sacar el bien incluso del mal. Pablo diría: donde abunda el pecado, sobreabunda la gracia. Por tanto, el discípulo debe estar más atento al bien que crece y custodiarlo que al mal que hay que combatir, y debe evitar anticipar lo que el Señor ha reservado para sí al final de los tiempos. El bien no depende de una represión del mal. Más bien es un milagro divino que puede nacer también de un mal reciclado.

Segunda y tercera parábola: si en la primera parábola se comprende que el reino de Dios no se afirma con la represión del mal, en las parábolas sucesivas vemos que su misterio se caracteriza por una extrema pequeñez, combinada con la potencia de un inexorable crecimiento. Es como decir: es inevitable que crezca el mal, que procede con su lógica. Pero también el bien, el reino de Dios, con características diametralmente opuestas, crece y avanza hacia su futuro. El mal hacia la autodestrucción, es decir, sin un futuro. El bien, en cambio, hacia una grandeza y una fecundidad estable, en la que la vida acoge otra vida y se multiplica, pero sin olvidar nunca que aquí en la tierra es levadura. Es decir, el reino de Dios en la tierra tendrá siempre la característica de algo pequeño e insignificante respecto a la realidad humana que vivimos. ¡Nunca se presentará bajo un signo triunfante sobre el mal, equívoco en el que cae tanta iglesia de ayer y de hoy, olvidando que su Rey, a causa de los poderosos políticos y religiosos de turno, ha terminado vencido y derrotado en una Cruz! Como generalmente se dice, el bien nunca hace ruido como el mal, siempre parece perdedor ante él.

¿Qué síntesis puede expresar la unidad profunda de las 3 parábolas? Jesús es el perdón de Dios que triunfa sobre el mal en modo muy, pero muy diferente de como quisiéramos e imaginamos. Sus palabras sembradas en el corazón de los hombres abren una posibilidad de salvación a toda experiencia humana de mal, por grande que sea. Jesús es el grano de mostaza tomado y arrojado bajo tierra, el más pequeño de las semillas que se convertirá en el más grande en el árbol de la Cruz. Jesús es la levadura divina, tomada y escondida en la inmensa masa del mundo, que llevará a toda la humanidad a convertirse en pan nuevo y sin levadura. Nosotros, la iglesia, llamados a caminar para comprender y revivir la grandeza del Maestro Divino en su pequeñez y en el aparente fracaso de su muerte en la Cruz: una muerte maldita que se convierte en bendición. El arcano del reino de Dios que en las parábolas Jesús nos cuenta, nos lleva a encontrar en la cruz su explicación y la clave de comprensión. El reino de Dios, en sí mismo, es asimétrico: contiene un evidente contraste entre la insignificancia actual y la gloria futura, entre la derrota temporal y el éxito futuro asegurado, pero también una continuidad vital y misteriosa, como la que une la semilla a la planta y la levadura a la masa.